8.10.15

GUARDAVAMO QUELLE STELLE


Guardavamo quelle stelle
perché credevamo 

Credevamo di vedere 
in ognuna
la luce d'un domani

7.9.15

Sono un uomo, non sono un santo! (O, se preferite... "Umano, troppo umano".)

No, non mi metto a far nomi, più per pavidità che per radicata convinzione del necessario rispetto della pràivasi – specie quando questa riguarda personaggi variamente pubblici. Ma, qui di seguito, una minima soddisfazione vorrei comunque togliermela, nel piccolo dei miei mezzi (ma non per ciò mezzucci, spero). Nel titolo alludo infatti ad un famoso (per alcuni, famigerato) economista e – mi sento di aggiungere senza riserve – intellettuale a tutto tondo, di quelli che alla nostra "serva Italia, di dolore ostello" mancano da troppo (da sempre?...). Uno di cui continuerò ad apprezzare – almeno, sino a prova contraria – coraggio, dedizione, indipendenza; ma nel quale sconsiglio vivamente di confidare troppo sotto un profilo, per l’appunto, umano. Lascio a tal proposito parlare i fatti: essendo io parte in causa di questa "piccola storia ignobile", non pretendo certo che vi fidiate delle mie sole parole. Poi, chi volesse intendere, intendesse. Chi volesse far tesoro, o spazzatura, anche. Ma veniamo ai fatti…


Professore carissimo,
la disturbo a proposito del mio commento, ma solo per una delucidazione tecnica, onde evitare di ripetere l'errore in futuro. Commenti troppo lunghi - come temo fosse il mio - sono da evitare in quanto generano "intasamento"? Sa, non avendo visto pubblicata quella mia risposta, mi sono spiegato la cosa così. Quanto all'attributo di "pignolo" che le indirizzavo... beh, confido troppo nella sua intelligenza ed ironia per vederci un nesso con la mancata approvazione del commento. Ma mi scuso ugualmente, di nuovo, per l'affettuosa confidenza che mi sono concesso! La saluto e la ringrazio, as usual, per il suo coraggioso lavoro!


Non rompetemi MAI il cazzo con problemi di gestione della coda. Vi avevo avvertito. Sei fuori. 


Benissimo. Prendo atto. Ma, mi consenta, temo sia più fuori lei.
Con rammarico,
A. V.
  



P.S.

Per la cronaca, era questo (la parte in corsivo nel testo, Nda) il mio ingombrante commento non pubblicato sul blog del professore (… dell’università di Pescara. Massì, voglio fornire un ulteriore indizio agli eventuali cacciatori d’identità, incurante dei miei proverbiali tremori di fondo!…)

@Tizio (Il quale aveva precedentemente commentato: "[Con il termine tradizionalismo pasoliniano] immagino [che Caio volesse intendere] na roba tipo Nouvelle droite...sentimentale,colta qb per abbassare la cresta alla sx al caviale e non sembrare fascista..")
Non conosco abbastanza i connotati di quella Nuova Destra da lei citata per esprimermi su possibili affinità e divergenze rispetto a certi capisaldi del pensiero pasoliniano. Vero è che in Pasolini è netta l'accusa di drastica massificazione, di brutale livellamento delle diversità (il famoso "genocidio culturale", o "mutazione antropologica") operati dal nuovo Potere, altrimenti chiamato "destra economica"; ma proprio in virtù del notorio allarme (meglio: grido nel deserto italiano) lanciato da quest'ultimo circa le virtù camaleontiche delle destre postfasciste, propenderei più per le divergenze che per le affinità tra il poeta di Casarsa e la Nuova Destra di cui faceva menzione lei (con un'ironia alquanto sbrigativa, venata pure d'un certo disprezzo. Mi sbaglio?...).    

@Caio (Il quale aveva precedentemente commentato: "Semplificando: Pasolini era 'antimodernista' in quanto stigmatizzava le storture della modernità (consumismo eccessivo, dsiprezzo per il passato, anomia, sradicamento, ecc. ecc.). La tradizione, in senso guenoniano concerne, invece, ciò che è metafisico: la religione nel senso etimologico di collegamento tra il fisico e il metafisico, tra l'umano e il divino, che e viene tramandata (tradizione: dal lat. tradere, "tramandare") mediante il lignaggio iniziatico. Poi, si potrebbero scrivere volumi, su quest'argomento...")
Concordo con lei quando dice che si potrebbero scrivere volumi sull'argomento. Ecco, dato che io, nel mio piccolo, un volumetto su Pasolini l'ho scritto (I primi atti della Dopostoria, NdA), tendono a drizzarmisi le orecchie (e talvolta anche i capelli residui! Ma non nel suo caso, mi creda.) di fronte all'uso quantomeno disinvolto dell'aggettivo "pasoliniano". Perché, che vuole, "le parole sono importanti! Chi parla male, pensa male e vive male!" come diceva Moretti (Nanni, non Mario), quando ancora era Moretti. Premesso che non sto accusando lei di parlar male, le direi tuttavia: semplifichiamo pure, ma non approssimiamo, la prego! Soprattutto, non qui: non sotto il paterno occhio vigile d'un pignolo (nel senso più alto del termine, me lo conceda!) come il prof.! Vado a spiegarmi. Personalmente, mi sento di poter dire, da quanto ne so, che Pasolini non era affatto "antimodernista" (pur pigliando con tutte le pinze e le virgolette del caso il termine da lei usato). Basterebbero questi versi a dimostrarlo: "E io, feto adulto, mi aggiro / più moderno d'ogni moderno / a cercare fratelli che non sono più". Ma volendo anche argomentare un minimo, sempre restando ancorati alle parole dello scrittore stesso, aggiungerei che questi era semplicemente contrario al tipo di sviluppo proposto (anzi, a suo vedere, imposto) dalla famigerata "civiltà dei consumi" così come s'era andata palesando nell'Italia del dopoguerra. Uno sviluppo senza progresso. Che poi dell'Italia contadina e di quel popolo ("benché sempre il più / moderno sia esso, il popolo, spanto / in borghi, in rioni, con gioventù / sempre nuove - nuove al vecchio canto - / a ripetere ingenuo quello che fu.") egli avesse una visione mitica, arcadica (peraltro rivisitata e corretta, negli ultimissimi anni, con l'abiura alla Trilogia della vita), è indubbio; ma per quanto mi riguarda credo fosse al contempo un suo peculiare punto di forza (lirica) e di debolezza (scientifica). Da marxista eretico, che per sua stessa ammissione aveva letto più Gramsci che Marx. Congedandomi, e ringraziandola per l'eventuale pazienza, spero che lei voglia perdonare la tirata da maestrino, così come spero che il nostro squisito ospite voglia perdonare l'abuso della sua ospitalità (e la sfacciata libertà che mi sono preso dandogli del pignolo!...), ma da queste parti il livello è così apprezzabilmente alto che uno cerca di stare al passo, quando può. Il che non accade spesso, ahimè!...   

13.7.15

Magna magna Grecia. (Ovvero, nun c’è trippa pel compagno Trippas!)

Niente di nuovo sotto il sole – di un’alba che si profila, ahimè, sempre più dorata… Concluso l’ennesimo atto da tragediografi dell’ultima ora. Non credo serva aspettare ulteriori Godot ex machina onde poter concludere che, come ci van ripetendo dall’età di Pericle in poi, le bugie dei padri (della Patria e dell’Europa) finiscono sempre in culo ai figli (dei referendum e della moneta unica), per quanto questi ultimi stringano in extremis le loro implumi chiappette.   
Non mi resta che prendere idealmente sottobraccio i cugini Achei (sulla via del tramonto è meglio sorreggersi a vicenda), stirpe che nel mio piccolo vorrei pure rassicurare… Il 730 l’ho consegnato in tempo, miei cari! Dunque, per oggi, non dovrebbe mancarvi il pane – sempreché quei cravattari nordici siano satolli come pare…  

12.1.15

Noi terroristi

Ho preferito questo titolo-citazione da un Giorgio Bocca d'annata, ad un più brillante – almeno, in superficie Siamo tutti Kouachi; per la banale ragione che, benché misconosciuto o snobbato, questo mio spazio rimane pubblico. Dunque perseguibile per Legge – di Dio e dell’uomo. Oh, niente da dire! Forte la libertà di opinione! Ma io, senza la mia paura, non mi fido affatto!
Parto dalla coda, anzi, dal fondoschiena, della vicenda che ci sta intrattenendo e distraendo in questi ultimi giorni. Ossia dalla nota notizia per cui la dux di certe destrorse canaglie alla ribalta (tra l’altro, dov'erano quei milioni di manifestanti parigini, mentre la Le Pen andava ritagliandosi il ruolo in cui si crogiola adesso?) reclama, con più scaltrezza e meno ipocrisia di altri, un'adunata alle urne per la reintroduzione della pena di morte – articolo della legge del Taglione che, del resto, alla democratica, antifascista, resistente Francia, era familiare sino all’altro ieri. Che dire… tastare, a riguardo, il polso dei moderni sudditi (per poi, magari, armargli il braccio) è al tempo stesso una mascalzonata ed un mirabile calcolo elettorale. Io, non aggiungo niente di nuovo, in questo senso. Solo, controproporrei, già che ci sono, un referendum sulla pena di vita. Perché, da carogne quali siam tutti (a tassi variabili, per carità! Evviva la diversità!), non è mai facile vivere – per quanto ci s’impegni a rendere sempre più difficile la vita al prossimo.      

Proseguo ringraziando il popolo di Francia per la sua bella iniziativa dell’altro giorno. Mi ha ridato, infatti, una (effimera?) voglia di scrivere qualcosa qui, qualcosa che non sia soltanto memorandum privatissimo ma pure, fuor di retorica da catechesi, condivisione. E mi ha ridato inoltre una voglia (sfrenata, a tratti) di tenermi stretta la mia tanto bistrattata cittadinanza italiana. Sì, l’Italia… quella omertosa del Fascismo, della Mafia o della Dc (e scusate la ripetizione!)… quella isterica e vanesia degli intellettualini di regime… quella prona dei Prodi e dei Monti… quella arrivista e ciarlatana dei Silvio e dei Matteo Un Paese dove non ci si sarebbe mai mobilitati in milioni per un attentato; un Paese dove, di fatto, non ci si è mai mobilitati in milioni per gli attentati (ai milanesi del 12 dicembre o ai bolognesi del 2 agosto, sarebbe bastato un cantuccio di quel centro di Parigi ammirato ieri a reti unificate)… Un Paese indifferente, e dunque, per una volta, insospettabilmente più civile di un altro sempre preso a modello, in quell'oltralpe dove ci si dà appuntamento per sbandierare un tricolore ed un’identità comuni, fingendo o sforzandosi di non vedere il sangue ‘democratico’ che sbrodola giù, per i rivoli della Storia moderna, fin dal 1789. Ma, in fondo, che gliene importa a questi esemplari gruppetti di parenti e amici? Perché rinunciare ad una tonificante passeggiatina per le vie di una delle città più care al mondo e del mondo? Perché starsene in casa a leggere, studiare, cercare di capire? Alla ricerca del tempo perduto, sprecato… alla ricerca di un'etimologia maggiormente compiuta e onesta di Stato e Religione, due delle più longeve, robuste, efficienti forme di istituzionalizzazione della porzione variabile di Male che fa marcire l’anima d'ogni essere umano? Perché non testimoniare così, in aureo silenzio e pudico raccoglimento, il valore della vita – di ogni essere, non solo umano… ma questo, a chi frega?! Perché non coltivare il dubbio, il sospetto sano – che è ben altro dalla febbre complottista –, senza smania di darsi, o farsi dare, risposte? Per tanti motivi… ognuno si trovi pure quelli a sé più vicini. Tra questi, ne suggerirei timidamente uno Perché essere tutti Charlie Hebdo per un giorno, non dispensa, ahimè, dall’essere altro per il resto dei propri giorni. Non basta mica una militanza da villeggianti, per arrestare la marcescenza ch’è in noi. Noi terroristi

21.7.14

SENZA FINE


E' morto, impazzito. 
Come un matematico,
come uno scacchista:
calcolando distanze,  
ripetendo mosse...
Senza fine. 


A Emanuel Carnevali,
morto di miseria - sua e altrui.